Il lato oscuro delle adozioni internazionali

Il lato oscuro delle adozioni internazionali- 2

Fallimenti sistemici e violazioni etiche scoperte.

Per decenni, in Svezia l’adozione internazionale è stata inquadrata come un atto umanitario, in cui fornire a bambini vulnerabili case amorevoli era qualcosa di cui andare fieri. Tuttavia, un numero crescente di prove rivela una realtà preoccupante: difetti sistemici, violazioni etiche e vera e propria criminalità hanno macchiato il processo, con il sistema di adozione svedese al centro dell’attenzione. Le indagini ufficiali rivelano ripetutamente una storia di traffico di bambini, documenti falsificati e negligenza istituzionale, sollevando seri interrogativi sull’integrità delle adozioni internazionali e sul ruolo di figure chiave come l’attuale primo ministro svedese Ulf Kristersson.

Una storia segnata dallo scandalo

Le adozioni internazionali in Svezia hanno avuto un’impennata negli anni ’60 e ’70, a causa del calo dei tassi di adozione nazionale dovuto a progressi come la contraccezione e il diritto all’aborto che hanno creato una grande domanda di adottanti. Negli anni ’70, la Svezia era diventata uno dei maggiori adottatori pro capite di bambini provenienti da Paesi come Corea del Sud, Cile, Colombia, Polonia e Cina. Dagli anni Cinquanta sono stati adottati a livello internazionale circa 60.000 bambini, la maggior parte dei quali è stata agevolata da organizzazioni come l’Adoptionscentrum. Sebbene l’adozione sia stata dipinta come un’impresa nobile, una realtà molto più oscura è che molti di questi bambini non erano orfani, ma sono stati rubati o costretti a lasciare le loro famiglie, spesso con un falso pretesto. Ci sono testimonianze agghiaccianti di traffico sistematico di bambini dal Cile, dalla Cina, dalla Corea del Sud, dalla Colombia e dalla Polonia, dove i bambini venivano forniti di documenti falsi che dichiaravano di essere stati abbandonati per accelerare le adozioni in Svezia.

Il ruolo di Adoptionscentrum e Ulf Kristersson

Al centro di questi scandali c’è Adoptionscentrum, una delle più grandi agenzie di adozione del mondo, responsabile di circa 30.000 adozioni in Svezia. L’attuale primo ministro svedese, Ulf Kristersson, ha adottato tre figlie dalla Cina tra il 2000 e il 2004, adozioni avvenute nel periodo in cui Kristersson è stato anche presidente di Adoptionscentrum, dal 2003 al 2005. Kristersson è stato un sostenitore molto importante e attivo delle adozioni internazionali e durante il suo mandato di presidente l’organizzazione ha dovuto affrontare accuse di traffico di bambini, non da ultimo in Cina e in Cile. Si dice che Kristersson sia stato informato di irregolarità, tra cui casi in cui i bambini venivano sottratti alle loro famiglie e venduti agli orfanotrofi per appena 3.000 dollari; inoltre, almeno 11 orfanotrofi cinesi che risultavano coinvolti nelle operazioni di Adoptionscentrum erano collegati al traffico di bambini e alla falsificazione di documenti.

Nel 2003, un’inchiesta del governo svedese, “Adozione a che prezzo?” (SOU 2003:49), ha proposto norme più severe e la limitazione dei pagamenti agli orfanotrofi per arginare il traffico di bambini. Kristersson ha condotto una campagna contro questa proposta, liquidando le preoccupazioni sul traffico di bambini come “kränkande” (offensive) e sostenendo che tali restrizioni avrebbero reso le adozioni “praticamente impossibili”, inquadrandole come eccessivamente idealistiche e incuranti delle complesse realtà dei Paesi con sistemi legali più deboli. Kristersson ha sottolineato che l’interruzione dei pagamenti agli orfanotrofi avrebbe di fatto posto fine alle adozioni dai principali Paesi d’origine e che dare la priorità all’accesso ai bambini per l’adozione rispetto a regolamenti più severi era essenziale, ed è stato proprio Kristersson a garantire che i pagamenti agli orfanotrofi continuassero, una pratica che ha alimentato la mercificazione dei bambini, con esempi di un aumento del 242% dei bambini in un orfanotrofio cinese. Nonostante gli avvertimenti, sotto la sua guida le adozioni dalla Cina sono più che raddoppiate. Allo stesso modo, in Cile, un rapporto del 2003 ha evidenziato i bambini sottratti alle madri durante la dittatura degli anni ’70 e ’80, con l’Adoptionscentrum che ha facilitato quasi 2.000 adozioni. Quando un’adottante cilena ha sollevato dubbi sulla propria adozione, l’indagine interna di Adoptionscentrum sotto Kristersson ha concluso che le accuse erano infondate, una risposta che secondo i critici è stata inadeguata.

Kristersson ha in gran parte evitato di impegnarsi direttamente in queste accuse e ha sostenuto che Adoptionscentrum operava in base a regolamenti stabiliti dalle autorità svedesi e si affidava alle garanzie dei Paesi di provenienza.

Fallimenti sistemici e cecità istituzionale

Il ruolo del governo svedese in questo scandalo è altrettanto preoccupante. Già nel 1997 un rapporto aveva rivelato che il governo era a conoscenza del traffico di bambini e della corruzione in 11 dei 17 Paesi di destinazione delle adozioni, ma non era stata intrapresa alcuna azione significativa. Il National Board for Intercountry Adoptions (NIA), l’autorità di supervisione dell’epoca, è stato criticato per la sua “alta tolleranza al rischio” e per non aver indagato sui segnali di allarme.

Un nuovo rapporto ufficiale


Anna Singer, l’investigatrice principale della Adoptionskommissionen del 2021, presenta ora un altro rapporto ufficiale (SOU: 2025:61) sulla questione. L’indagine ha rilevato che in ogni paese e in ogni epoca esaminata sono emerse prove di traffico di bambini, dai rapimenti in Colombia ai documenti falsificati in Polonia e Corea del Sud. Il rapporto conclude che le adozioni internazionali verso la Svezia dovrebbero essere completamente bloccate a causa di violazioni etiche pervasive, sottolineando un fallimento sistemico nel dare priorità ai diritti dei bambini e dimostrando ancora una volta che le adozioni sono spesso guidate dalle richieste di coppie senza figli in Svezia piuttosto che dal miglior interesse dei bambini. In molti casi, i genitori biologici sono stati costretti o ingannati e le autorità svedesi si sono basate su documentazione non verificata proveniente da Paesi con sistemi legali deboli, chiudendo di fatto un occhio su eventuali colpe. (

La Adoptionskommissionen propone misure concrete: scuse formali, un centro nazionale di risorse per gli adottati, una banca del DNA per aiutare a rintracciare le origini e una borsa di viaggio di 15.000 corone svedesi per consentire agli adottati di visitare i loro Paesi di nascita. Queste misure mirano a risolvere il trauma inflitto a migliaia di persone la cui identità è stata rubata attraverso adozioni illegali.

Richieste di riforma e responsabilità

La raccomandazione della Adoptionskommissionen di vietare le adozioni internazionali ha suscitato un acceso dibattito. I sostenitori sostengono che i rischi di traffico di bambini e di violazioni etiche sono superiori ai benefici, indicando paesi come l’Olanda, la Norvegia e la Danimarca che hanno già sospeso le adozioni internazionali. I critici, tra cui l’Adoptionscentrum, sostengono che l’interruzione delle adozioni negherebbe ai bambini bisognosi la possibilità di una vita migliore, citando le salvaguardie della Convenzione dell’Aia, come il principio di sussidiarietà, che dà la priorità al mantenimento dei bambini presso le loro famiglie biologiche o nelle adozioni nazionali. Tuttavia, le prove suggeriscono che queste garanzie sono state sistematicamente ignorate.

La difesa dell’Adoptionscentrum – come sempre, che non era a conoscenza di irregolarità – è ora accolta con scetticismo, data la portata degli abusi documentati. Il rifiuto di Ulf Kristersson di affrontare il suo ruolo nello scandalo ha ulteriormente eroso la fiducia e ora si sta diffondendo una crescente critica al suo rifiuto di assumersi qualsiasi responsabilità.

Il Cile sta ora indagando se le adozioni in Svezia possano rientrare tra i crimini contro l’umanità.

Le buone intenzioni non possono giustificare un sistema che consente il furto dell’identità e del futuro dei bambini e la loro compravendita come merce.

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